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Riflessione sui nuovi saperi

Ai nuovi miei alunni dico: “Perdonatemi se non vi chiamo per nome”.

 

a cura di Antonio Pirrotta

Approfitto di questo strumento che è la rete, per continuare a creare consapevolezza di cosa è oggi la nostra condizione di docenti, o meglio in cosa è stata ridotta.

Pochi giorni fa abbiamo concluso il primo quadrimestre, le ore di presenza in alcune classi ammontano a 28. Paradossalmente può accadere che nelle stesse scuole si deliberino progetti PON di 50 ore pomeridiane, per svolgere lezione simili a quelle svolte nelle stringate 28 ore mattutine.

Credo che quando l'offerta formativa venga stravolta in questo modo, esiste un problema di priorità istituzionale, non si può essere distratti con la “spending review” su questi numeri. Facciamo aumentare i costi con i progetti PON, per 50 ore di lezione pomeridiane ma ne facciamo fare 28 in tutto il primo quadrimestre all'insegnate che ho già in organico e direi anche “a costo zero”.

In questi stessi giorni si parla tanto di diritti acquisiti, ma vogliamo dire quali sono i diritti acquisiti dei nostri alunni?.

Non è forse un diritto continuare a dare competenze sugli stessi applicativi (word, excel, access,...) con lo stesso monte orario che fino a qualche anno fa si usava nell'arco del quinquennio. Come possiamo parlare di qualità della scuola quando si diminuiscono le ore di presenza in classe su determinate lezioni, dove fino a qualche anno fa formavano alunni a livello avanzato.

In questi giorni si parla tanto di libero mercato, ma perchè dopo che i nostri alunni lasciano gli Istituti superiori, si ritrovano il numero chiuso in molte Università.

Di questi tempi significa creare un aggravio nelle famiglie di migliaia di euro.

Nel libero mercato però possiamo cambiare operatore telefonico, cambiare la fornitura di energia nella nostra abitazione. Perchè quindi ci dimentichiamo del numero chiuso, mentre viviamo in una società che non perde giorno per pubblicizzare il libero mercato?.

La consapevolezza delle esperienze di vita credo siano fondamentali per capire chi eravamo e cosa siamo.

Per almeno 20 anni ho lavorato con tre classi, conoscevo i miei alunni, esisteva la continuità didattica e li accompagnavamo per il grande salto degli esami di Stato.

Oggi ho 9 classi, tre scuole e circa 200 alunni con cui rapportarmi.

Quando faccio le verifiche domando “come ti chiami”, mentre faccio questa domanda so già che è il modo metodologico-didattico più sbagliato che un insegnante possa fare ai propri alunni.