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Carbone Francesco

Ufficiale del Reale Esercito. Nato a Scilla il 20 agosto del 1762 da Gerolomo e da Lucrezia Ruffo. Dotato di un carattere forte nel perseguire grandi ambizioni, arruolatosi nelle milizie provinciali, in breve tempo ottenne il grado di tenente dell’esercito del Re, giurando così fedeltà al Sovrano del Regno Borbonico. In quel periodo tutto il Paese era coinvolto nel desiderio di libertà che vedeva contrapposti i Realisti - sostenuti dagli Inglesi- ed i Repubblicani – comandati dai Francesi -. Anche in Calabria andavano affiorando i contrastanti sentimenti. Il Carbone rimasto fedele al Re fu molto odiato tanto da essere condannato alla pena capitale dal Governo Provvisorio Repubblicano di Catanzaro, poiché non gli si perdonava di aver fatto arrestare a Reggio Calabria ben settantacinque congiurati nella notte del 13 dicembre del 1798. Conseguenza degli arresti ordinati dal Carbone fu il modo in cui fu trucidato il Governatore di Reggio, Pinelli, allorquando fu scoperta una congiura contro il Governo Borbonico. Capovolgimenti di fronti videro nascere a Napoli la Repubblica Partenopea e la conseguente fuga del Re in Sicilia. Da qui Re Ferdinando ed il Cardinale Fabrizio Ruffo prepararono la riscossa ed il Carbone fu incaricato di accogliere il Cardinale nel suo sbarco a Pezzo di Villa S.Giovanni e di seguirlo prima a Rosarno dove fu promosso Capitano e poi a Borgia con il grado di Tenente-Colonnello, dopo aver costituito insieme al Col. Winspeare ed al Ten. Perez de Vera l’Esercito della “Santa Fè” Durante l’assedio d’Altamura si distinse quale uomo accorto, vigilante ed intrepido, così da ricevere i gradi di Colonnello, fu uomo di grande acume tanto da suggerire, preparare e dirigere i piani che lo videro impegnato nei combattimenti che portarono alla vittoria ed alla restituzione del Regno al Borbone. Per i suoi meriti fu nominato Preside della Provincia di Teramo ed in dono ricevette un feudo della Provincia di Caserta. Quando i Francesi invasero ancora il Regno di Napoli, il Carbone, comprendendo l’inganno con cui lo si voleva catturare si fise loro amico mentre invece si apprestava a fuggire per la Calabria, da dove preparò i piani per una famosa sconfitta dei Francesi a Maida. Ma nelle battaglie successive i Francesi ebbero la meglio ed il Carbone, giudicato troppo prudente fu accusato dai suoi ufficiali di viltà, tradimento e corruzione. Non fu prudente , però, nel difendere il Castello di Scilla dagli attacchi dei Francesi, fino all’azione del Murat che occupata la Calabria intendeva occupare anche la Sicilia. E qui il Carbone fu protagonista di un fatto singolare e controverso che trasse origine dal discusso carteggio che intercorse tra la Regina Carolina e la nipote Maria Luisa, moglie di Napoleone. Il carteggio fu intercettato dal Col. Carbone che consegnatolo agli inglesi diede testimonianza della colpevolezza della Regina, con tutte le conseguenze negative che ne derivarono. Ma Napoleone per ben altri motivi, e non per l’ossequio a Carolina d’Austria, non invase la Sicilia. Una volta restaurato il Regno, i Borboni, dopo la caduta di Napoleone e della tragica fine del Murat, si vendicarono del Col. Carbone – reo di quell’incauta intercettazione consegnata agli Inglesi –cancellandolo dalle liste degli Ufficiali e lo relegarono a Cosenza fino al giorno della sua morte avvenuta nel 1820.